
Giardino Quantico
Lo Zen e la fisica quantistica (Rilegatura cartonata)
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Autore: Bruno Del Medico
Pagine: 214Formato cm. 17x24
Collana: Cenacolo Jung Pauli
Peso 500 grammi. (0,4 kg.). Peso massimo consentito per la spedizione nei paesi europei: 2 kg. Per l'Italia, 5 kg.
IN CONSEGNA DAL 10 LUGLIO 2025
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Sinossi
Sorprendenti correlazioni tra scienza e filosofia orientale
L’incontro tra la filosofia zen e la fisica quantistica non rappresenta solo una curiosa convergenza tra Oriente e Occidente, spiritualità e scienza. È invece l’opportunità di un dialogo profondo tra due visioni del mondo che, pur nate in contesti radicalmente differenti, hanno finito per interrogarsi, ciascuna a modo suo, sulle stesse domande fondamentali riguardo la realtà, la percezione, la coscienza.
Il monaco zen cammina nei giardini di Kyoto. Il fisico si aggira, inquieto, nei laboratori di Ginevra. Entrambi cercano risposte, entrambi abbracciano il mistero. Il maestro Eihei Dōgen, nel XIII secolo, scrive nel suo “Shōbōgenzō” che “la Via è fondamentalmente perfetta e penetra il tutto. Ma chi la riconosce?” Alcuni secoli dopo, Niels Bohr, tra gli artefici della fisica quantistica, afferma: “Chi non rimane sorpreso dalla teoria quantistica, non l’ha davvero capita.” In queste due frasi affiora un’urgenza identica: la realtà non è mai come sembra a prima vista. L’apparenza tradisce, la verità si nasconde sotto il velo della consuetudine.
La filosofia zen coltiva l'arte del paradosso. I suoi kōan spezzano la logica ordinaria e aprono squarci di silenzio. La fisica quantistica parla la lingua degli esperimenti che contraddicono il senso comune. Nel 1927, a Solvay, Einstein sfida Bohr: “Dio non gioca a dadi con l’universo.” Ma la realtà risponde con l’imprevedibilità delle particelle, con il mistero dell’osservatore che cambia il mondo osservato. I laboratori diventano tempio, la meditazione assomiglia a un viaggio nell’invisibile.
C’è un filo sottile che lega, oltre i secoli e le culture, il monastero zen e il laboratorio scientifico. Entrambi celebrano l’incertezza. Entrambi mettono in discussione i dogmi. Lo zen invita a lasciar cadere le parole e a vivere l’esperienza diretta. La fisica quantistica smaschera la rigidità delle categorie e mostra che l’atomo, il tempo, persino lo spazio, non sono assoluti, ma appaiono mutevoli e relazionali.
Heisenberg, padre del principio di indeterminazione, trovava consolazione nelle letture orientali. Schrödinger leggeva le Upanishad indiane e meditava sul concetto di unità. Il fisico Fritjof Capra, viaggiando negli Anni Settanta tra India e America, scrive “Il Tao della Fisica”, e racconta di una danza cosmica che abbraccia particelle e meditanti, scienziati e monaci.
Oggi il dialogo non si limita ai libri. I templi zen d’Occidente ospitano scienziati in ritiro. I laboratori di frontiera invitano filosofi e meditatori. A Ginevra, nel CERN, le domande sull’origine dell’universo si intrecciano con dilemmi che ricordano la meditazione Zen: chi osserva, chi è osservato?
Questa è la storia di un dialogo silenzioso ma potente. È la storia di uomini e donne che hanno osato pensare l’invisibile, mettere in dubbio l’assoluto e accogliere l’incertezza. La filosofia zen e la fisica quantistica, ciascuna a suo modo, sono due chiavi per aprire la stessa porta. Dietro quella soglia, il vuoto non è assenza, ma potenzialità infinita. La realtà non è una, ma molteplice. Lo stupore diventa metodo, e la semplicità si rivela come la più difficile delle conquiste.