La teoria quantistica dei campi.
(Tratto da: Oltre il visibile. L’universo dei campi.)
Se nella fisica classica il campo è un’entità continua, nella fisica quantistica si trasforma in qualcosa di ancora più enigmatico. Il campo, in questo nuovo contesto, diventa il palcoscenico delle particelle elementari. Queste particelle non sono più "minuscole palline" che si muovono nello spazio, ma eccitazioni quantistiche del campo stesso.
Nella fisica classica, il campo è una grandezza continua che si estende nello spazio. Pensiamo al campo gravitazionale: una sorta di rete invisibile che avvolge i corpi celesti, li guida e li fa attrarre l’uno verso l’altro. È qualcosa che riusciamo a immaginare. Lo stesso vale per il campo elettromagnetico, che descrive fenomeni familiari come la luce o la forza che fa muovere le calamite. Questa visione continua e concreta ha reso i campi classici più intuitivi, almeno per i fisici dell'Ottocento.
Invece, con l’arrivo della fisica quantistica nel XX secolo, il campo diventa qualcosa di molto più misterioso. Non è più statico o continuo. Diventa dinamico, sfuggente, quasi inimmaginabile. È il cuore della teoria quantistica dei campi, nata intorno agli anni ’30 con figure come Paul Dirac e Werner Heisenberg. In questo contesto, il campo è molto più di un’entità passiva: diventa il “palcoscenico” stesso in cui si materializzano le particelle elementari, quelle che costituiscono la materia e le forze dell’universo.
Ma la vera rivoluzione sta nel modo in cui queste particelle esistono. Non sono più piccoli oggetti, come delle minuscole palline che danzano nello spazio. In realtà, sono eccitazioni del campo quantistico. È un termine tecnico, ma si può immaginare così: il campo è come un mare, calmo e statico. Quando qualcosa lo disturba, il mare si “increspa”. Però, ogni increspatura del mare non è un’onda qualsiasi. Ogni increspatura è una particella. Per esempio, i fotoni – le particelle di luce – non sono che “onde” che si alzano nel campo elettromagnetico.
Questo cambiamento di prospettiva ha trasformato la fisica. Quando il fisico Richard Feynman, Nobel nel 1965, spiegava la teoria, usava immagini semplici ma efficaci. Nei suoi libri divulgativi Feynman scriveva:
“Immaginate le particelle come note musicali suonate da uno strumento invisibile. Questo strumento è il campo”,.
Feynman non era solo un brillante fisico. Era un maestro nel rendere affascinante ciò che sembrava incomprensibile.
La teoria quantistica dei campi ha anche portato all’idea di “vuoto quantistico”. Sì, il vuoto, che nella fisica classica era il nulla, qui diventa un’attività costante. Anche quando sembra che non ci sia nulla, i campi vibrano. I fisici lo chiamano “vuoto pieno”. Per capire la portata di questa intuizione, basti pensare al celebre esperimento di Lamb e Rutherford del 1947. I due fisici scoprirono che un atomo di idrogeno subisce un piccolo spostamento energetico causato proprio dalle fluttuazioni del vuoto quantistico. È un effetto minuscolo, ma è una prova concreta che il vuoto… non è mai veramente vuoto.
Un’altra intuizione straordinaria dei campi quantistici è l’idea che materia ed energia siano, in fondo, due facce della stessa medaglia. Gli scienziati del CERN, attraverso l’acceleratore di particelle più famoso al mondo, il Large Hadron Collider di Ginevra, hanno osservato direttamente le particelle che emergono dai campi. Nel 2012, i fisici del CERN hanno annunciato al mondo l’esistenza del bosone di Higgs. Questo bosone è nato come una perturbazione nel “campo di Higgs”, un campo fondamentale che permea tutto l’universo. È proprio grazie a questo campo che molte particelle acquisiscono massa.
La scoperta del bosone di Higgs non è stata solo una vittoria della scienza. Ha avuto un forte impatto culturale. I media, in cerca di una formula accattivante, lo ribattezzarono “la particella di Dio”. Sebbene questa espressione non fosse amata dai fisici – che preferiscono termini più precisi – ha colpito l’immaginazione collettiva. Parlare del bosone di Higgs era come parlare del segreto dell'esistenza stessa.
La connessione culturale non finisce qui. La fisica dei campi quantistici ha ispirato anche la filosofia e la metafisica. L’idea che le particelle siano solo stati momentanei del campo ha cambiato il modo in cui pensiamo alla realtà. Non esistono più oggetti stabili o separati. Tutto sembra interconnesso, come una danza collettiva di onde. Questa visione ha trovato risonanza in testi come Il Tao della fisica di Fritjof Capra, che collega le intuizioni quantistiche con la saggezza millenaria delle tradizioni orientali.
Dunque, mentre i campi classici ci permettono di descrivere il mondo visibile, quelli quantistici ci portano in un regno enigmatico, dove materia ed energia sono giocattoli di un “vuoto pieno” e misterioso. Leggendo queste scoperte, viene da chiedersi se la nostra concezione del mondo – fatta di “oggetti” e “confini” – non sia solo un’illusione. In fondo, se la realtà è fatta di campi, forse tutto quello che vediamo è solo un’onda che ci sta passando accanto.