I concetti chiave della fisica quantistica

I concetti chiave della fisica quantistica

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I concetti chiave della fisica quantistica.

C'è un mondo nascosto sotto la superficie dell’esperienza ordinaria, un regno dove le regole familiari della fisica classica si sgretolano sotto il peso dell’improbabile. Benvenuti nella fisica quantistica, lo studio dell'infinitamente piccolo, dove gli oggetti non sono mai soltanto particelle o onde, ma qualcosa di più etereo e sfuggente. È un mondo di paradossi e intuizioni che – a dispetto delle sue complicazioni teoriche – ha dato vita, nel XX° secolo, a una delle rivoluzioni intellettuali più potenti della nostra storia. Ma cosa rende la fisica quantistica tanto misteriosa? Cerchiamo di svelare alcuni dei concetti chiave attraverso una lente semplificata ma rigorosa.

 

Il principio di sovrapposizione: vivere nell'incertezza.

 

Cominciamo con un pensiero difficile da afferrare: nella fisica quantistica, le particelle possono vivere in stati multipli contemporaneamente. Il principio di sovrapposizione suggerisce che, prima che un sistema venga osservato, esiste una sorta di "catalogo di possibilità". Per esempio, prendiamo un elettrone. È come se l'elettrone non si trovasse in un singolo punto dello spazio, ma fosse distribuito un po’ ovunque, in tutti i possibili stati che potrebbe occupare.

L'esperimento del famoso "gatto di Schrödinger" è il modo più celebre per illustrare questa idea. Ideato dal fisico austriaco Erwin Schrödinger, questo esperimento mentale descrive un gatto chiuso in una scatola con un meccanismo letale, attivato o meno in base allo stato di una particella subatomica. Finché non si apre la scatola, non si può sapere se il gatto sia vivo o morto. Secondo il principio di sovrapposizione, però, il gatto non è né completamente morto né completamente vivo bensì in una combinazione di entrambi gli stati. È l'atto dell'osservazione, il nostro guardare dentro la scatola, a "costringere" il sistema a scegliere  uno dei due stati.

La sovrapposizione, dunque, non è qualcosa che riguarda solo la teoria. Ha applicazioni pratiche potentissime: i computer quantistici, per esempio, sfruttano la sovrapposizione per fare molti calcoli simultaneamente, rendendoli incredibilmente più veloci rispetto ai computer tradizionali.

 

L’entanglement: il "teletrasporto" delle informazioni.

 

Se il principio di sovrapposizione vi ha fatto girare la testa, l’entanglement (o "intreccio quantistico") promette di confondervi ancora di più. Albert Einstein lo chiamava "spaventosa azione a distanza", perché sembra infrangere uno dei pilastri fondamentali della fisica classica: la velocità della luce come massimo limite di trasmissione.

Immaginiamo due particelle – come due gemelli subatomici – che interagiscano tra loro. Quando queste si separano, in apparenza diventano indipendenti, ma in realtà rimangono collegate in modo misterioso. Cambiare lo stato di una particella provocherà immediatamente una modifica nello stato della seconda, indipendentemente dalla distanza che le separa. Potreste avere una particella sulla Terra e l'altra sulla Luna: se ne manipolate una, anche l'altra cambierà istantaneamente.

Nonostante l’apparente magia, l’entanglement è stato dimostrato in laboratorio, la prima volta,  nel 1982. Nel 2022, il Premio Nobel per la Fisica è stato assegnato ad Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger, proprio per i loro esperimenti che hanno provato la realtà dell’entanglement. Oggi queste proprietà stanno già trasformando il mondo della crittografia: grazie all’entanglement, è possibile immaginare sistemi di trasmissione dati sicuri al 100%.

 

Dualità onda-particella: chi sono io?

 

In che modo possiamo descrivere una particella? Per secoli, ci si basava su una visione intuitiva: una piccolissima "pallina" di materia. Ma ecco che la fisica quantistica ci racconta che le cose non sono così semplici. Ogni particella subatomica è contemporaneamente due cose: una particella e un'onda.

Un esempio classico è l’esperimento della doppia fenditura. Se lanciate un flusso di elettroni (o persino di fotoni, le particelle di luce) verso una barriera con due fenditure, noterete un comportamento strano. Se non osservate direttamente il sistema, i fotoni si distribuiscono sullo schermo oltre la barriera come onde, creando un motivo di interferenza. Ma se cercate di controllare da quale fenditura passano, improvvisamente iniziano a comportarsi come particelle, creando due soli fasci ben distinti. È come se l’atto stesso di osservare modificasse ciò che il fotone "decide" di essere. Cioè, l’osservatore decide ciò che il fotone deve essere.

Questa dualità onda-particella è alla base di gran parte delle stravaganze della fisica quantistica. La luce può comportarsi come un’onda quando illumina una stanza, ma diventa una particella quando interagisce con i sensori di una macchina fotografica. Insomma, il comportamento di una particella quantistica dipende dal contesto.

 

Il collasso della funzione d'onda: scegliere un destino.

 

Ma cosa accade quando osserviamo un sistema quantistico? Qui entra in gioco il concetto del collasso della funzione d'onda, un’idea che divide ancora oggi i fisici. La funzione d’onda, rappresentata dall’equazione di Schrödinger, descrive tutte le probabilità di uno stato quantistico. Prima dell'osservazione, una particella esiste in una sovrapposizione – può trovarsi qua, là o in più posti contemporaneamente. Quando però la osserviamo, la funzione d’onda "collassa", costringendo la particella a scegliere una sola delle possibilità.

Ma che cos'è che determina il collasso? L’osservatore umano? La coscienza? Alcuni interpretano il collasso come una questione puramente fisica, altri come un indizio dell'intersezione tra la fisica quantistica e il regno della filosofia. Schopenhauer avrebbe potuto amarne le implicazioni, vedendo nella misura quantistica un'eco della sua idea di "volontà" come forza fondamentale.

 

L’incertezza di Heisenberg: il prezzo della conoscenza.

 

Infine, giungiamo a uno dei principi più intuitivi; eppure, profondi della fisica quantistica: il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg. Immaginate di voler osservare un oggetto minuscolo, come un elettrone. Per vederlo, avete bisogno di "illuminarlo" con un fotone, ma così facendo inevitabilmente lo colpite, alterandone la posizione o la velocità. Non possiamo, dunque, misurare con precisione contemporaneamente la posizione e la velocità (o quantità di moto) di una particella subatomica. Più siamo precisi nel definire una, meno possiamo sapere dell’altra.

La fisica classica raccontava un universo prevedibile, dove con gli strumenti giusti era teoricamente possibile calcolare tutto. Heisenberg, invece, ci dice che c'è un limite intrinseco alla conoscenza: per il regno quantistico, l'imprevedibilità è scritta nella natura stessa della realtà.

La fisica quantistica ci insegna che il mondo non è così solido e deterministico come appare. Questi concetti – sovrapposizione, entanglement, dualità, collasso e incertezza – non sono solo curiosità accademiche, ma implicano un ribaltamento delle nostre nozioni fondamentali di realtà, causalità e conoscenza. Non è un caso che filosofi e scienziati continuino a interrogarsi: queste stranezze quantistiche stanno alla base di uno degli enigmi più grandi di tutti, il rapporto tra mente e materia.

Forse, come scrisse Richard Feynman, "Nessuno capisce davvero la fisica quantistica".

Ma questo non significa che non possiamo lasciarci affascinare e stimolare da essa.