Schiuma quantistica
L’entanglement suggerisce l’idea di una struttura di relazioni sottostante alle forme osservabili di materia e di energia e allo spazio-tempo. Questa struttura opera nella non località. Il fisico John Archibald Wheeler ha definito questa struttura schiuma quantistica. L’universo a livello subatomico non è, come già detto, un insieme di palline di materia che ruotano le une attorno alle altre, ma è essenzialmente qualcosa che noi chiamiamo “vuoto”, perché non sappiamo esattamente che cosa contenga. Il “vuoto” è semplicemente una figura retorica simile al buio, che è tale per nascondere i mostri che vi si aggirano. Non esiste buio senza mostri e non esiste vuoto senza contenuti. Il vuoto si estende tra un pieno e l’altro, dunque è capace di dividere e perciò non può essere vuoto come noi lo intendiamo. Se fosse tale, i due pieni tra cui si estende sarebbero una cosa unica.
Il vuoto quantistico non è affatto vuoto. È simile a un brodo ribollente di particelle infinitamente più piccole dei protoni e degli elettroni, che si generano, danzano brevemente e si autodistruggono miliardi e miliardi di volte al secondo. Naturalmente stiamo considerando grandezze estremamente piccole, dove le particelle esistono e si muovono nel cosiddetto spazio di Planck, il più piccolo spazio immaginabile. Dunque, il termine “schiuma quantistica” è una metafora centrata.
Nella schiuma quantistica si formano sporadiche increspature composte da corpuscoli di energia e materia, che mutano freneticamente il loro stato con infinite transizioni da energia a materia e viceversa. Queste increspature non hanno forma definita perché, come tutte le particelle, possono essere rappresentate come onde o come particelle. Tuttavia, hanno la capacità di essere percepite da noi, che le chiamiamo “atomi di materia”.
A livello macroscopico gli atomi costituiscono i corpi solidi della nostra realtà, a livello quantistico sono onde di probabilità. Questo è il grande mistero della fisica quantistica e, in definitiva, il mistero dell’universo.
Quando l’astronomo Laplace presentò a Napoleone Bonaparte la sua grande opera Mécanique Céleste sul funzionamento dell’universo, l’imperatore gli chiese come mai non avesse citato la presenza di Dio nella creazione. Laplace rispose che non ne aveva sentito il bisogno, perché tutto l’universo funzionava benissimo anche senza Dio. Se fosse vissuto fino ad oggi Laplace, che era sicuramente più intelligente di molti materialisti contemporanei, si sarebbe ricreduto.
Nei fatti, non abbiamo compreso ancora assolutamente nulla né dell’universo in cui viviamo, né di noi stessi.
Le interazioni tra le particelle danno origine a strutture stabili, cioè alla materia che forma la nostra realtà macroscopica. Ma anche questa realtà non rimane statica. Tutto l’universo è impegnato in un movimento senza fine, una incessante danza cosmica di energia. Nel suo libro Il tao della fisica Fritjof Capra scrive così:
“I fisici sono giunti a comprendere che tutte le loro teorie dei fenomeni naturali, comprese le leggi che formulano, sono creazioni della mente dell’uomo; proprietà della nostra mappa concettuale della realtà, più che proprietà della realtà stessa. Questo schema concettuale è necessariamente limitato e approssimato, come lo sono tutte le teorie scientifiche e le leggi della natura che esso contiene. Tutti i fenomeni naturali sono in definitiva interconnessi e per spiegare uno qualsiasi di essi, dobbiamo comprendere tutti gli altri; il che, ovviamente, è impossibile.”