L’idea di un tutto interconnesso.

L’idea di un tutto interconnesso.

L’idea di un tutto interconnesso.

 

Se vi è un’idea capace di unire la più controintuitiva delle scoperte della fisica moderna con le più antiche speculazioni filosofiche, è certamente quella dell’interconnessione universale. Nello scenario affascinante della metafisica quantistica, la trama dell’intero cosmo sembra tessuta da fili invisibili che sfidano ogni logica ordinaria, aprendo crepe nel muro tra materia e mente, tra scienza e spiritualità. Non è un caso, infatti, che la nozione di “entanglement quantistico” sia stata spesso avvicinata alle grandi intuizioni delle culture spirituali orientali e delle correnti olistiche.

 

Entanglement: il mistero delle particelle legate a distanza.

 

Nelle parole di Albert Einstein, l’entanglement era “un’azione spettrale a distanza”, cioè un paradosso apparentemente assurdo. Quando due particelle vengono “entangled”, ossia messe in correlazione quantistica, i loro stati diventano inestricabilmente collegati: modificare lo stato di una, anche a miliardi di chilometri di distanza, significa veder modificato istantaneamente lo stato dell’altra. Nessun messaggero, nessun segnale fisico: la natura sembra “sapere” di essere una cosa sola, oltre i limiti imposti da spazio e tempo.

Le “prove” sperimentali non sono mancate. Storico è l’esperimento di Alain Aspect nel 1982, nel quale fu dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che le correlazioni quantistiche non possono ridursi a semplici effetti locali. Questo risultato aprì una prospettiva nuova, in cui l’intero universo appare come una ragnatela vibrante, i cui fili collegano anche ciò che all’apparenza è separato.

Curiosamente, questo concetto richiama da vicino una delle più profonde intuizioni della filosofia buddista: il principio di “pratītyasamutpāda”, ovvero l’origine interdipendente di tutti i fenomeni. Nelle parole del Buddha:

“Questa esistenza condiziona quella, la cessazione di questa condiziona la cessazione di quella.”

Nel Sutra Avatamsaka si trova un’immagine suggestiva: la “rete di Indra”, una magica ragnatela in cui, in ogni nodo, è riflesso l’intero universo. Ogni essere, ogni cosa, ogni evento è intimamente, misteriosamente legato al tutto. Cambiare anche una sola parte della rete significa, in qualche modo, trasformare l’intero.

A cavallo tra XX e XXI secolo, la visione olistica si è imposta anche fuori dai territori della spiritualità, grazie ai lavori di Gregory Bateson, Fritjof Capra e David Bohm. Bohm, fisico e filosofo, proponeva nella sua “teoria dell’ordine implicito” l’idea che ciò che percepiamo come separato sia in realtà espressione di un ordine profondo, invisibile e unificato. L’universo, suggerisce Bohm, è come un gigantesco ologramma: ogni parte contiene informazioni sul tutto.

Fritjof Capra, autore de “Il Tao della Fisica”, stabilisce un dialogo tra la fisica quantistica e il pensiero orientale, citando come la danza subatomica delle particelle assomigli sorprendentemente al gioco di relazioni, di vuoti e di pieni, descritto nelle filosofie orientali. Capra osserva:

“La fisica moderna ci conduce, passo dopo passo, verso una visione del mondo essenzialmente unitaria, in cui l’interconnessione diventa la chiave di interpretazione della realtà.”

Ma anche in Occidente, filosofi come Plotino, Spinoza o Schelling hanno intuito che la separazione tra le cose fosse un’illusione prospettica. Spinoza chiamava l’universo “Deus sive Natura”, una sostanza unica in cui mente e corpo, pensiero e materia, sono espressioni diverse dello stesso principio. Sembra quasi di sentire un’eco delle moderne scoperte quantistiche nelle sue parole.

Nel Novecento, Einstein, pur profondamente scettico dell’entanglement, ne percepiva il potenziale rivoluzionario; Schrödinger, dal canto suo, lo considerava addirittura l’elemento che conferisce originalità alla meccanica quantistica:

“L’entanglement non spalanca solo la porta al paradosso, ma parla di una realtà più profonda: la separazione delle cose è illusione.”

L’immagine di un universo interconnesso, in cui ogni parte rispecchia il tutto, non è soltanto una suggestione poetica. Oggi le neuroscienze, l’ecologia, la fisica quantistica e la filosofia olistica sembrano convergere: separazione e individualità, pur preziose nella vita quotidiana, appaiono sempre più come abili illusioni della mente.

In questa prospettiva, la metafisica quantistica non è il punto finale della conoscenza, ma un invito permanente ad abbracciare la complessità, la relazione, il mistero. L’universo, ci suggerisce la scienza, è più simile a una sinfonia che al mecanismo di un orologio. Noi, ascoltando le note di questa sinfonia,  forse ci scopriamo ancora più profondamente tessitori del tutto..